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Civita, isola e crocevia
La città è costruita su tufo vulcanico, nel quale m’è parso di ravvisare cenere, pomice e frammenti di lava. Bellissima la vista dal castello: il monte Soratte [...] si erge solitario e pittoresco. Le zone vulcaniche sono molto più basse degli Appennini e solo i corsi d’acqua, scorrendo impetuosi, le hanno incise creando rilievi e dirupi in forme stupendamente plastiche, roccioni a precipizio e un paesaggio tutto discontinuo e fratture (Johann Wolgang Goethe, 28 ottobre 1786). Civita Castellana è situata al centro di una valle che ha come confini naturali i monti Cimini a nord, i monti Sabatini a sud, la valle del Tevere ad est, i monti Sabini ad ovest, e che prende il nome dal Treia, uno dei maggiori affluenti del Tevere nella zona. La città sorge su un pianoro tufaceo attraversato da forre, profonde gole dalle pareti ricoperte di vegetazione rigogliosa nel cui fondo scorrono due torrenti tributari del Tevere. La posizione arroccata, isolata e dominante, unita ad una favorevole ubicazione nella rete dei collegamenti - vi convergevano la via Flaminia e la via del fiume Tevere – le hanno consentito di acquistare, per lunghi periodi, peso e potere nel territorio. Nell’ VIII secolo a. C. Civita Castellana divenne, con il nome di Falerii Veteres, il maggiore centro urbano dei Falisci, fiero popolo italico dedito all’agricoltura; distrutta nel 241 a.C. dai Romani, fu abbandonata e ripopolata solo dieci secoli dopo. Durante il medioevo assunse una particolare importanza strategico-militare e intorno all’anno 1000 ebbe prima il titolo di Civitas e poi l’appellativo di Castellana che ne indicava il potere di giurisdizione sui castelli limitrofi. Per tutta l’età moderna la città costituì un nodo importante delle comunicazioni tra Roma e le regioni a nord-est, luogo di sosta e di transito lungo la via Flaminia, itinerario obbligato per i viaggiatori provenienti dall’Umbria e dalle Marche, poco lontana e facilmente raggiungibile anche dalla via Cassia che collegava Firenze e Roma. Le fonti principali di lavoro e di reddito per la popolazione furono, fino alla seconda metà dell’Ottocento, l’agricoltura e l’allevamento, attività alla cui conduzione parteciparono allevatori e contadini benestanti, i “possidenti”, in gran parte enfiteuti, che formarono un nucleo di piccola borghesia rurale ed ebbero, tra l’Ottocento e il Novecento, un ruolo chiave nella politica e nell’amministrazione della città. Nel corso del Novecento Civita ha costituito, grazie allo sviluppo dell’industria ceramica, il centro propulsore dell’economia dell’intero territorio, prima creando occupazione per la manodopera proveniente dai paesi limitrofi, poi coinvolgendo nella composizione delle società e nell’ubicazione degli impianti gli altri sei comuni della valle del Treia (Castel Sant’Elia, Nepi, Corchiano, Gallese, Fabrica di Roma, Faleri) che oggi fanno parte del Distretto Industriale di Civita Castellana. La vocazione ceramica I reperti conservati nel locale Museo Archeologico dell’Agro Falisco documentano l’antica origine della tradizione ceramica locale: la ceramica falisca, sviluppatasi con certezza dal X secolo fino al 241 a. C., costituisce una produzione assai vasta improntata, nella sua fase di maggior sviluppo, raggiunta nel IV sec. a. C., alla riproposizione di modelli propri della ceramica attica. Mentre la produzione di epoca medievale è nota solo attraverso rari e casuali ritrovamenti di frammenti ceramici, per l’attività ceramica del periodo rinascimentale si dispone dei primi documenti: dagli archivi notarili si ha notizia di una società di ceramisti costituita nel 1501 da due civitonici, i fratelli Paolo e Matteo Joannoli, dal perugino Nicola di Aloisio e da Michele Finucci di Gallese, i quali avevano individuato l’edificio per la lavorazione dei manufatti in “una casa posta sul ponte Trebia, lungo le vie e le mole del Comune”; nello Statuto Comunale del 1566 è citata la "Corporazione dei vascellari", collocati al terzo posto nell'elenco dei mestieri e che nello stesso ordine sfilavano per la processione in onore dei santi patroni, quindi un gruppo artigiano consistente. Dal rinvenimento di materiale dai “pozzi”, la loro produzione sembra limitarsi ai manufatti rivestiti con smalti stanniferi, maioliche che ripropongono forme e decorazioni dei centri maggiori e terracotte simili a quelle delle vicine località di tradizione ceramica, Vetralla e Vasanello. La vocazione ceramica della città era naturalmente collegata alla disponibilità delle materie prime; il territorio di Civita, geologicamente costituito da sedimenti marini e continentali e da terreni vulcanici, presentava estesi giacimenti di argille di vario tipo. Verso la fine del Settecento vennero scoperte, in una zona al confine tra il comune di Civita e quello di Ponzano Romano, cave di caolino, “la terra bianca” necessaria per la lavorazione della porcellana e della terraglia. Il reperimento del caolino determinò l’avvio di una fase innovativa nell’attività ceramica locale; la prima manifattura che iniziò la produzione su larga scala di stoviglieria e di servizi da camera in terraglia venne impiantata nella stessa località citata dal documento del 1501, presso il ponte sul fiume Treia, dove furono restaurati a questo scopo uno dei mulini e un edificio adibito a locanda. Nel corso dell’Ottocento sorsero altre manifatture e piccole officine artigiane, l’attività assunse un rilievo economico sempre più determinante sia per la città, tanto che nel 1898 Oronte Del Frate, storico locale, la definì “questa bella industria locale così provvida per l’agiatezza del paese”, sia per la regione nella quale costituiva l’unico centro di lavorazione della terraglia. All’inizio del Novecento alla produzione di stoviglieria si associò quella degli articoli igienico-sanitari e nei decenni successivi si assistette anche a un periodo di ripresa del settore artistico. L’Annuario della industria italiana della ceramica dell’ anno 1930, su un totale di 20 imprese presenti nel Lazio registra ben 17 fabbriche civitoniche con 500 operai occupati, così ripartite secondo il settore di produzione: due nella stoviglieria, quattro nei sanitari, sette nella ceramica artistica, una nelle piastrelle, tre che operavano in tutti i settori. Una fioritura di imprese di dimensione varia, dedite in particolare alla produzione di stoviglieria e di articoli igienico sanitari, ha caratterizzato la seconda metà del Novecento: l’industria ceramica civitonica è arrivata a contare circa 80 -90 aziende e a coprire il 43% della produzione nazionale, divenendo così la realtà industriale primaria del Viterbese e una delle più importanti del Lazio
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Civita Castellana is situated in the middle of a valley. It has natural borders such us Cimini mounts in the north, Sabatini mounts in the south, the Tiber valley in the east and the Sabini mounts in the west. It was named after the Treia. Thanks to this position, well protected and overlooking the valley, Civita Castellana had a great power in the territory for long periods. In the 8th century B.C. Civita Castellana, called Falerii Veteres, became the most important urban centre of Faliscans. It was destroyed in 241 B.C. by Romans, and after ten centuries it was repopulated. During the middle ages it had a great strategic and military importance and around year 1000 the town gained the name of Civita and then epithet of Castellana that indicated its power over the surrounding castles. During modern age the city became an important cross road between Rome and the northeastern territories. Until the second half of 18th century, agriculture and breeding were major sources of work and profit for people. During 19th century, thanks to the development of ceramic industry, Civita Castellana became the centre of local economy. The objects displayed in the local Archaeological Museum of Faliscan territory, prove the ancient origin of ceramic tradition, such as the famous Faliscan ceramics. We know Renaissance production very well thanks to ancient documents. The first society of ceramists was founded here in 1501 by the brothers Paolo and Matteo Joannoli, born in Civita Castellana, Nicola di Aloisio of Perugia and Michele Finucci from Gallese. In the Municipal Statutes of 1566 the Corporation of potters, called “vascellari is already mentioned”: they produced pottery with enamel, majolica and earthenware that re-proposed forms and decorations typical of the territory, especially those of Vetralla and Vasanello. Civita Castellana’s territory was characterized by big deposits of clay. At the end of 17th century, quarries of kaolin, the “white clay” indispensable to production of porcelain and pottery were discovered near Civita Castellana. During 19th century Civita Castellana represented the only centre of ceramic production in the whole region. In the second half of 20th century the ceramic industry of Civita Castellana counted up to 80-90 factories and represented 43% of national production, becoming one of the most important economic centres of Lazio.