Fabrica di Roma: Itinerario nella Storia e nell’Arte

Fabrica di Roma fu nell’antichità un pagus falisco, del quale restano necropoli (Grotte, Gricciano e Monte delle Monache) e testimonianze in località Le molelle, Ponte Sodo e grotte di Materano, che hanno restituito reperti conservati nel Museo di Villa Giulia a Roma.
Del periodo romano restano alcune testimonianze epigrafiche, tra cui un cippo marmoreo con dedica a Cornelia Salonina, moglie dell’imperatore Gallieno (III sec. d.C.). Il nome originario Fabrica, al quale si aggiunse la specifica di Roma alla fine del XIX secolo, allude all’operosità dei cittadini e alle attività artigianali legate al territorio, come testimonia lo stemma della comunità, un alveare di api tenuto da un braccio umano.
Fabrica fu coinvolta nel fenomeno medioevale dell’incastellamento e fu gestita sino al XV secolo dalla famiglia dei Prefetti di Vico, poi dall’Ospedale di Santo Spirito in Sassia, dagli Orsini o amministrata direttamente dalla Santa Sede. Il centro, in enfiteusi ai Della Rovere, passò poi ai Farnese e fu compreso nello Stato di Castro fino al 1649, periodo che segnò lo sviluppo urbanistico del borgo. Alla fine del Ducato, Fabrica tornò alle dirette dipendenze della Camera Apostolica sino alla seconda metà del XVIII secolo, quando fu concessa da Benedetto XIV, in enfiteusi, alla famiglia Cencelli. Dopo l’esperienza repubblicana e napoleonica, Fabrica seguì le vicende dell’Unità d’Italia e fu compresa nel Circondario di Viterbo.

Fabrica di Roma - veduta aerea
Fabrica di Roma – veduta aerea

Il percorso di visita interno al centro storico si basa in prevalenza sugli edifici civili e religiosi che segnarono la storia di Fabrica. La Rocca, testimoniata sin dagli inizi del ‘300, fu coinvolta nelle gestioni delle famiglie di Vico, Orsini e Della Rovere, oltre all’impegno dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia e della Camera Apostolica. A segnarne la vicenda fu tuttavia la famiglia Farnese, alla quale è da attribuire l’edificazione della torre quadrata, che ancora svetta sull’abitato. La struttura presentava anche due torrioni circolari e la residenza nobiliare, raggiungibile tramite una suggestiva scalinata. Gli emblemi delle famiglie sono visibili all’interno della torre, nella quale permangono importanti affreschi cinquecenteschi. Vicina, la Chiesa di San Carlo alla Rocca, del XVI secolo, antica sede della Compagnia della Morte.
In via della Fontanella è ancora visibile il Palazzo di Vico, con il consueto emblema araldico della famiglia, un’aquila dalle ali semiaperte; vicini gli stemmi delle corporazioni. del XVI secolo, a conferma dell’importanza data nel centro alle attività lavorative. Sulla facciata del palazzo, eleganti bifore e monofore denotano un’opulenza decorativa con riferimenti ispanici, dovuti alle maestranze che operarono nella Tuscia settentrionale.

Nella piazza prossima alla porta urbana settentrionale, è posta la Collegiata dedicata a S. Silvestro Papa, il Duomo, con portale rinascimentale ma facciata del 1630, come il campanile a quattro ordini con cuspide piramidale. All’interno, nell’abside, affreschi della metà del XVI secolo raffiguranti Episodi della vita di Cristo, eseguiti dai fratelli Lorenzo e Bartolomeo Torresani; di Alessandro sono invece i resti di affreschi ancora visibili nell’absidiola di sinistra. All’interno sono conservate le sacre spoglie di S. Giustino, portate da Roma nel 1791 per volere di Pio VI. Tra le opere d’arte scultoree sono da ricordare una statua lignea raffigurante il patrono San Matteo e un antico tabernacolo.

Fabrica di Roma - Duomo
Fabrica di Roma – Duomo

Il Comune ha poi acquisito come propria sede il palazzo nobiliare dei conti Cencelli, elegante dimora del XVI secolo con affreschi all’interno. La costruzione di un opportuno ponte di legno permette ora di fruire del suggestivo giardino, nel quale svettano secolari cipressi, tra fontane artistiche e scorci naturali.
Altri edifici di carattere religioso meritano di essere citati per le loro caratteristiche, legate alla fede dei cittadini e alle tradizioni connesse: la chiesa di S. Maria della Pietà, in vía Roma, con affreschi dei Torresani; a pianta ottagonale, ospitò per circa un secolo i frati agostiniani e fu visitata nel 1725 da papa Benedetto XIII, il cui stemma è ancora visibile sul frontale. Nel settore occidentale del paese, la Chiesa di San Lorenzo, conventuale, con uno spazio esterno dal quale si può beneficiare della vista sul centro storico.
La Chiesa di Santa Maria della Stradella, edificata per il ristoro dei viandanti, conserva un affresco rinascimentale raffigurante la Madonna col Bambino; a ovest del paese, la Chiesa della Madonna della Vittoria (S. Sebastiano), con un’immagine su tegola del Salvatore, ricordata nelle memorie locali.

Poco distanti dal paese, svettano le monumentali mura della città romana di Falerii Novi, fondata per gli abitanti di Falerii Veteres, la capitale falisca conquistata dai romani nel 241 a.C. Alleata di Roma e municipio nel I secolo a.C., fu patria della moglie del poeta Ovidio, e legata alla famiglia dell’imperatore Gallieno.
Le mura perimetrali, munite di torri quadrate e vallo artificiale, definivano lo spazio urbano, con quattro porte d’accesso, delle quali resta in funzione la porta Cimina, detta anche porta Giove; una seconda porta metteva in comunicazione Falerii Novi con la Flaminia, mentre l’uscita settentrionale coincideva con il percorso della via Amerina.
Nella zona sud-est si nota la sagoma del teatro, scavato tra il 1829 e il 1830 e oggi parzialmente interrato; nei pressi, la Porta del Bove, dalla protome bovina scolpita nel concio di chiave; all’interno del perimetro urbano, alcune insulae, un cortile e una probabile struttura templare, ricordate dalle fonti epigrafiche; fuori delle mura, a nord, resti dell’anfiteatro e di un mausoleo.

Porta di Giove Falerii Novi - Photo Credit Sergio Mancini
Porta di Giove Falerii Novi – Photo Credit Sergio Mancini

Il centro, distrutto dai Normanni nel secolo XI, ospitò poi I’ abbazia romanica di S. Maria di Fàlleri, del XII secolo, dell’ordine cistercense, restaurata di recente; portali e arredi denotano l’intervento dei Cosmati, Jacopo e Lorenzo, marmorari romani attivi poi nel vicino Duomo di Civita Castellana.
Fuori del perimetro urbano le necropoli (Pian di Cava e Pontoni; Tre Camini), tra le quali la Tomba del Peccato; a sud-ovest le catacombe dei SS. Gratiliano e Felicissima.