Gallese: cosa e come si mangia

Il paesaggio

Due gli aspetti caratteristici del paesaggio: il sistema delle forre tufacee ed il sistema della valle del Tevere. Ricomprese nel bacino idrografico del fiume Tevere, le forre di Gallese, si irradiano da ovest verso est solcando il plateaux tufaceo originato dal vulcanesimo cimino.
La vegetazione delle forre è rigogliosa e sottolinea, come un sistema linfatico, lo scorrere delle acque nel loro percorso. Un paesaggio estremamente vario dove si susseguono alle coltivazioni di noccioleti, oliveti e vigneti ampi seminativi ed aree boscate. Al centro del territorio sorge il centro storico, arroccato su un tamburo tufaceo isolato su tre lati da corsi d’acqua.

Agricoltura e prodotti

La produzione agricola è abbastanza varia tra i seminativi della valle del Tevere (56,5% della Sau) e i noccioleti dell’area occidentale (20,46% della Sau), buona la presenza di oliveti (11% della Sau) e di vigneti.
Ricade nelle zone di produzione della dop “Nocciola Romana”, della dop olio extravergine di oliva “Tuscia” e della doc “Vignanello”.
Importante la produzione di nocciole, vino ed olio. Si sottolinea la presenza di allevamenti avicoli con uova biologiche.

Eventi

Giornata dell’olio e del vino, metà novembre.

Cosa e come si mangia a Gallese

La tradizione gastronomica di Gallese presenta talvolta assonanze con quella di altre regioni italiane limitrofe (Umbria), o legate alla città dall’immigrazione del primo Novecento (Marche, Puglia). Altri punti di contatto si possono rintracciare nelle usanze alimentari romane e sabine.
La cucina locale, in particolare, affonda le proprie radici nel mangiare sano e semplice del passato, quando la preparazione dei cibi si basava su ingredienti genuini e reperibili facilmente nel territorio.
Nascono così la panontella (fetta di pane e olio), le fregnacce (pizza fine di pastella, con farina di grano, sale, olio di oliva, formaggio pecorino), i frascarelli (palline di farina, cotte in brodo di manzo o di gallina).

La farina si propone come elemento base di ricette facili da elaborare e di rapida esecuzione: con farina e acqua si preparano i budelluzzi (pasta fresca allungata, condita con sugo finto e pecorino). Tra i primi piatti, anche le zuppe, tra cui il pane mollo coi ciccetti di zucca, e le minestre a base di verdure o legumi, elemento base per la cucina locale. Valga come esempio la scafata, tipico piatto a base di fave fresche, aromatizzate con mentuccia di campo.

Scafata
Scafata


Le verdure comprendevano spesso erbe selvatiche, come nel caso della cicoria strascinata in padella con la farina o le frittelle di borraggine, usate in prevalenza nel periodo natalizio, insieme a quelle di broccolo e baccalà. Nelle campagne sono presenti alcune qualità di funghi commestibili (porcini, ovoli), raccolti dai conoscitori del territorio, gelosi custodi delle “poste”.

I dolci si preparavano in occasione di festività e ricorrenze: a Natale si mangiavano i ceciaroli, i maccheroni co’ le noci e i panpepati, mentre a Carnevale si friggevano scrocchiafuse, frappe e ravioli con la ricotta. A Pasqua, una pizza a forma di panettone, con semplici zuccherini colorati, mentre per la Festa di San Famiano, una ciambella dolce, i biscotti di magro e i tozzetti con le nocciole.

La carne faceva parte della consueta alimentazione, anche se con ritmi diversi dalle pietanze elencate; insieme al consumo di pollame e conigli, molto diffuso era l’uso della carne di maiale, conservata o consumata fresca: tradizionale era la padellaccia, un arrosto di pezzetti di carne norcina, residui della macellazione.

Dagli ovini si ricavano prodotti caseari di buona qualità, ancora reperibili negli allevamenti presenti nel territorio gallesino. Il pesce locale (trote, cupe, lucci, tinche), una volta pescato nel Tevere e nei torrenti locali, è scomparso dall’alimentazione corrente.