Il Museo della Spiritualità di Castel Sant’Elia conserva ed espone al pubblico una raccolta di paramenti liturgici unica nel suo genere. La storia della collezione può essere ricostruita almeno dall’inizio del ‘600, quando un inventario fornisce le prime notizie sull’esistenza e la consistenza della raccolta, all’epoca custodita all’interno della basilica di Sant’Elia.
Intorno alla metà del ‘600 i paramenti furono trasferiti nella chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate, sita nel centro storico di Castel Sant’Elia, e collocati in un’urna posta sotto l’altare maggiore dove rimasero per lungo tempo.
Dopo varie vicende che determinarono più volte lo spostamento dei reperti, a seguito di un intervento di restauro, operato nella seconda metà del ‘900, i paramenti furono trasferiti nella casa del custode nel santuario di S. Maria ad Rupes, dove furono esposti sino al 2001. Una successiva azione conservativa ne ha, infine, permesso la collocazione all’interno della struttura museale, allestita presso l’ex Oratorio di Sant’Anna.
La tradizione locale collegai paramenti liturgici alle figure dei Santi Anastasio e Nonnoso, primi abati del monastero di Sant’Elia, vissuti nel VI secolo. Questa tradizione ha fortemente contribuito alla conservazione di queste “reliquie”, data la grande devozione della comunità di Castel Sant’Elia verso i due santi.
La particolarità dei paramenti, che in larga parte possono essere datati al XII-XIII secolo, è costituita, soprattutto, dalla loro rarità; pochi sono, infatti, gli esemplari di questo tipo di indumenti risalenti al Medioevo che si sono conservati sino ad oggi. L’elenco dei materiali comprende: dalmatiche, pianete, casule, camici, una tonacella, una coppia di mitre e tre paia di calzari pontificali. Alcuni dei paramenti possono essere fatti risalire al XVI secolo, come nel caso della pianeta dal particolare colore azzurro.
Gli oggetti di maggiore interesse sono una pianeta che presenta tracce di decorazione ad arazzo ed i sandali pontificali. Alla pianeta può essere ricondotto anche un largo frammento di tessuto lavorato ad arazzo oggi custodito separatamente. I fini ornamenti che decorano il frammento, costituiti da animali all’interno di medaglioni, e la lavorazione ad arabesco sul cuoio dei calzari, con figure di serpenti intrecciati, hanno permesso l’attribuzione di questi manufatti all’opera di artigiani islamici attivi in Sicilia durante il XII secolo.
A cura di Stefano Francocci