Il Museo della Ceramica Casimiro Marcantoni nasce nel 1995, allestito nei locali dello storico Palazzo Petroni Andosilla, ma nel 2008, grazie alle donazioni di famiglie civitoniche di manufatti artistici e strumenti di lavoro, viene collocato nei locali dell’ex chiesa medievale di San Giorgio, che nel 1915/16 accoglieva alcuni laboratori della Regia Scuola Professionale per la Ceramica, voluta e realizzata da Ulderico Midossi. La denominazione scelta per il museo rende omaggio a una delle figure più importanti della produzione ceramica cittadina, Casimiro Marcantoni. imprenditore degli inizi del Novecento, della cui fabbrica restano ancora le due ciminiere nell’area commerciale dedicata al suo nome. Il suo ritratto del 1907, inserito in una splendida cornice in ceramica, fu voluto dai soci-operai, dai quali venne definito “padre dei ceramisti”.
Il Museo documenta l’attività ceramica di Civita Castellana dalle origini artigiane sino al maturare della produzione industriale negli anni Sessanta e Settanta del ‘900, quando tale attività divenne il fulcro della vita sociale ed economica della città.
Le esposizioni mostrano reperti dalla fine del XVIII secolo, quando un gruppo di artisti e artigiani chiesero alla Reverenda Camera Apostolica dello Stato Pontificio il permesso di prelevare argilla dalle cave di caolino del territorio tra Civita Castellana e Ponzano: questa iniziativa vide coinvolti l’architetto romano Giuseppe Valadier, l’incisore veneto Giovanni Trevisan detto Volpato e alcuni imprenditori, tra cui Francesco e Giovanni Antonino Mizzelli, originari di Fabrica di Roma, ai quali seguirono i toscani Stefano e Francesco Coramusi, proprietari terrieri; nacque così la Fabbrica Treja, primo esempio di manifattura dedita alla produzione ceramica di vasi e stoviglierie.
Agli oggetti esposti di questo periodo, si unisce il prezioso Gruppo neoclassico in terraglia smaltata del primo quarto dell’Ottocento, attribuito al Volpato. Gli inizi del Novecento segnarono un notevole incremento della produzione, che spaziò dalla stoviglieria agli articoli igienico sanitari, insieme alla ceramica artistica di elevata qualità.
Nelle fabbriche si andò affermando la presenza di soci-operai, lavoratori e proprietari allo stesso tempo, con diversi ruoli professionali, tra i quali lo stampatore, il fornaciaio, il chimico e la decoratrice. tutti volti a ottimizzare la produzione. Altra figura importante nell’ incremento della vocazione ceramica locale fu Ulderico Midossi, Sindaco della città e grande cultore dell’arte ceramica, in particolare di fattura orientale. Nel 1893 organizzò un primo corso di disegno geometrico e ornamentale e nel 1914 istituì la Regia Scuola Professionale per la ceramica, inizialmente situata nello storico Palazzo Petroni Andosilla, poi nella ex Chiesa di San Giorgio, attuale sede espositiva del museo.
La Scuola è considerata il nucleo di origine dell’ Istituto d’Arte, oggi Liceo Artistico, con sede a fianco dell’ex chiesa: nel museo sono esposte opere in ceramica di ispirazione moderna realizzate dagli allievi dell’Istituto.
Nel 1930, alla sua morte, Ulderico Midossi lasciò alla Scuola la sua collezione di oggetti in ceramica e porcellana e una consistente somma di denaro da concedere annualmente agli studenti più meritevoli; una parte della collezione, di provenienza orientale e databile agli inizi del XIX secolo. ha trovato adeguata collocazione nel Museo.
Nella parte centrale delle esposizioni sono collocati reperti riferibili alla produzione artistica ceramica di Civita Castellana, che negli anni rag-giunse altissimi livelli: dalle industrie locali, uscirono oggetti d’arte di pregevole fattura e raffinato gusto estetico.
Alla tecnica del tornio si era affiancata la foggiatura a stampo, basata su modelli d’argilla da cui ricavare stampi di gesso. necessari per realizzare vasi e oggetti vari decorati a rilievo, come testimoniano oggetti usati dalla ceramica FACI intorno agli anni 30 del Novecento, il modello in gesso di un medaglione raffigurante una Madonna con Bambino e lo stampo di un esemplare miniaturistico con una Testa di abissino.
Le fabbriche di Civita Castellana furono nel corso del Novecento una fucina d’arte, dove progetti e sperimentalismo aggiunsero creatività a una produzione ormai matura. La prima fonte d’ispirazione restava comunque I’ arte ceramica italiana tradizionale, come mostrano vasi in maiolica o graffiti su ingobbio prodotti nella Ceramica Coramusi intorno al 1920, vicini al gusto rinascimentale; la tendenza a ripetere modelli antichi diede vita a un vero proprio stile chiamato “stile Civita” molto apprezzato sul mercato estero.
Nel decennio successivo si registra un fervore artistico nelle fabbriche, dovuto al contributo di eccellenti decoratori e dai docenti impegnati nella Scuola d’arte ceramica, insieme al coinvolgimento di artisti di fama: tra questi vanno ricordati Duilio Cambellotti, che collaborò tra le due guerre con la Ceramica Falisca Ars, e Basilio Cascella che disegnò nel 1927 i pannelli a piastrelle destinati alle Terme del Tettuccio di Montecatini realizzate dalla Ceramica Percossi.
Alcune delle più interessanti collaborazioni artistiche si ebbero nella Ceramica Marcantoni: famosa è la presenza in fabbrica negli anni Cinquanta dello scultore bulgaro Assen Peikov, mentre un incisivo realismo emerge dal biscuit raffigurante un Carriolante realizzato da Guido Calori: dalla collaborazione con Perino Amoroso nacquero i pregevoli pannelli a formelle raffiguranti copie di famose opere pittoriche, tra cui la Tempesta di Giorgio-ne, conservate nella sala conferenze del Museo.
La parte finale dell’esposizione è dedicata alle marche di fabbrica, generalmente stampate a tampone, con nomi o simboli araldici delle famiglie proprietarie delle fabbriche: è il caso del raro esemplare di timbro in uso nella Ceramica dei Fratelli Cassieri alla fine dell’Ottocento.
Negli anni Trenta la produzione delle ceramiche di Civita Castellana costituiva il 60% di quella nazionale: gli stabilimenti si erano moltiplicati e la produzione perfezionata negli anni, con la modernizzazione dei sistemi di produzione meccanica e l’utilizzo di materiali nuovi, ad alta resistenza, come il vitreous-china nato negli Stati Uniti e ben presto in uso nelle Ceramiche Marcantoni e Sbordoni. Queste promettenti basi condussero le industrie di Civita Castellana al boom economico negli anni Sessanta: l’innovativo vitreous-china, da materiale speri¬mentale divenne l’unico usato nella produzione di articoli igienico sanitari, così come la terraglia forte per le stoviglierie; dalla fornace toscana si passò ai forni a tunnel e nella catena di produzione la maggior parte dei passaggi fu automatizzata. Ci fu un consistente incremento nella produzione di stoviglierie di uso domestico e della tradizionale ceramica artistica, non tralasciando le piastrelle da rivestimento e l’ampia gamma di articoli igienico sanitari.
[evoluzione della produzione negli anni Sessanta e Settanta è documentata dagli esempi di vasi e cassette prodotti nelle Ceramica Simas e nella Ceramica Vincenti, più snelli nella forma, al passo col gusto dell’epoca nella scelta dei colori, estremamente funzionali.A cura di Tamara Patilli