Aree archeologiche
La Villa Romana in località Giardino
Lungo la strada antica che collegava la chiesa di S.Maria Hospitalis con il Fontanile di Fellonica e con la strada che attraverso la” molaccia” porta al colle di Civitucola e a Capena, considerato anche dall’Hasby un tracciato romano, si trovano i resti di una grandiosa villa in parte ancora interrata e scavata nelle zone in luce in modo pedestre. I resti visti dai redattori della carta archeologica e dall’Hasby constano in “tre celle oblunghe costruite in calcestruzzo e coperte da fornice a tutto sesto. Queste si estendevano in direzione Sud sotto il casale dirupo la cui fondazione è rappresentata da un grande recinto rettangolare di solido calcestruzzo coperto di “cemento idraulico”. Sulla destra dei tre ambienti nominati si appoggia ad angolo retto un lungo corridoio sotterraneo largo m 5,20 e diviso in nove vani con archi e mattoni, che posano su pilastri murati. Sia le volte a crociera che le pareti di queste fondazioni sono costruite ad emplecton ed intonacate con grosso strato di cemento e le centine degli archi ad intradosso e delle volte ornate di un rozzo ovulo di stucco. Sulla testata di questo corridore sono visibili macerie informi e grandi muraglioni in opus reticolatum che doveva costituire un’ala dell’edificio girante sul lato di un’area quadrata e tagliata artificialmente, nonché sul fianco destro sostenuta da solidi pilastri di calcestruzzo”. In questo scavo sono stati messi in luce a ovest del “lungo corridore sotterraneo” un impianto termale rivestito di pavimenti musivi di tesserine vitree verdi. A fianco di questi vi sono numerosi ambienti di cui non è possibile ricostruire la funzione adibiti ora a “restauro” dei numerosi frammenti di decorazione pittorica. Si tratta di affreschi di ottima fattura con soggetti mitologici e marini che mantengono ancora i loro colori in buono stato. Nella stalla si trovano resti di decorazione musiva in tessere bianco/nere. Non è possibile intuire il disegno coperto di letame. Le tessere che si trovano in superficie sono molto belle di circa 2 cm le bianche; l cm x 2 cm le nere. La recinzione moderna della terra da a ovest sulla strada che conduce a Fellonica ed è costituita da macerie. La strada è tagliata, pochi metri sotto l’ingresso attuale del fondo, da un muro in laterizio terminante nei pressi di un terreno di proprietà Napoleoni, in cui sono stati trovati dei cunicoli rivestiti di signino facenti parte di una cisterna forse legata a qualche struttura della villa ora persa.
Il castello di Versano
Faceva parte dei beni di S. Paolo, di esso non conosciamo la data di fondazione, anche se si può pensare con ragionevolezza, che sia, insieme con Ramiano, tra gli oppida della già citata bolla di Leone VII all’imperatore Ottone I. Sappiamo da un atto della Sacra Rota, che esso venne diviso nel 1373 tra due fratelli residenti a Roma, i quali avevano il pieno possesso sia giuridico che economico sul castello e sui suoi abitanti: nel documento, infatti, vengono citati sia “Vaxalla” che “Iura Vaxallorum”. Attualmente sono ancora visibili solo pochi resti della struttura originaria.
Ramiano
Sorgeva a circa 2 Km a nord di Versano, sappiamo da una fonte che esso venne distrutto, per la prima volta, dai viterbesi nel 1288. Esso era provvisto di una chiesa dedicata a San Tommaso (…) che risulta dipendente da S. Andrea in Flumine (presso Ponzano) e che era svincolata dalla diocesi di Civita Castellana. Nel 1443 era totalmente diruto, come apprendiamo da una bolla di Eugenio IV in cui si fa menzione di una contesa tra il monastero di San Paolo proprietario del castello, e Teseo Savelli che voleva impossessarsene. Il fatto che esso si trovasse a cavallo tra i territori di S. Oreste e di Ponzano provocò molteplici contese tra i due comuni, peraltro dipendenti entrambi dall’abbazia di S. Anastasio alle Tre Fontane. Questa situazione, dettata principalmente dalla necessità di estendere i coltivi anche in seguito all’incremento demografico, provocò una presa di posizione dell’abate commendatario che, nel 1540, definì le zone di utilizzo pertinenti rispettivamente ai due comuni con la clausola che se essi avessero insistito nel contendersi le terre queste ultime sarebbero state affittate ai civitonici per 5 anni. Del castello di Ramiano restano oggi scarsissime tracce, totalmente ricoperte dalla vegetazione.
Luoghi di Culto
Chiesa di San Lorenzo
“Fu edificata con la Fronte a Oriente, nell’anno 1558, tempo in cui l’Abbazia si possedeva dalla chiara memoria del Card. Alessandro Farnese, demolita affatto l’antica con ordine toscano, struttura moderna, travertini lavorati in pilastri e cornicioni al di dentro, come pure nella facciata se bene non ancora finita, essendo appena alzata sino alla metà con 4 pilastri, sul disegno interiore, al quale sono frapposte tre porte una delle quali è chiusa come corrispondente al campanile”. (Atto notarile Clerici 1770).
Questa nuova chiesa andava a sostituire la primitiva molto più piccola di stile romanico. Il campanile ancora oggi ben conservato ci sta ampliamente a dimostrare come la chiesa gli fu attaccata essendo questa torre precedente al tempio. Il disegno iniziale della Chiesa di S. Lorenzo è attribuito al Vignola, perché lui stesso ne fa esplicita menzione in una lettera del 1568. Ma cominciata l’opera, adattando così il disegno del sommo Architetto al luogo, al tempo ed alle risorse economiche, si arrivò al 1576 anno in cui fu cambiato il disegno della facciata con quello di un gesuita Mastro Giovanni. Se il resto della fabbrica andò avanti, così non fu per la facciata il cui completamento si ebbe nel 1818. La chiesa fu così costruita, nella prima fase, terminava all’interno con l’abside affrescata, all’inizio dell’attuale presbiterio, e solo nel 1746 fu fatto l’ampliamento, abbattendo una casa ed occupando un vicolo. La Chiesa parrocchiale ora collegiata fu consacrata nel 1600 e l’iscrizione che ne ricorda l’evento è occultate dal magnifico organo installato in una cantoria in legno nel 1638, realizzato da Ennio Bonifazi. L’interno presenta una grande navata centrale con ai lati le navatelle con cappelle. L’altare principale è dedicato a S. Lorenzo il cui martirio è raffigurato nella pala del settecentesco pittore Veneziano Ceccherini. Ai lati vi sono due tele con Santa Lucia e Santa Apollonia. Nel terzo altare di destra, dedicato alla Madonna del Rosario vi è una pregevole tela eseguita da ignoto nel 1576 e contornata di lunotti raffiguranti i misteri del Rosario. Sulla navata centrale si ammira un artistico pulpito cinquecentesco con lo stemma della famiglia Caccia che concorse alla erezione della Chiesa. Prima dell’uscita, nel lato sinistro, una bellissima acquasantiera con la seguente iscrizione: S.C.O.H.F.C. A-D MDLXXXI. F. L’esterno è dominato dalla citata torre campanaria che conserva una campana molto antica (1527) e sulla facciata si possono notare le eleganti bifore alle finestre e gli stemmi in marmo dei monaci di S. Paolo e dei Cistercensi.
Chiesa di San Biagio
Antica Parrocchia di cui si ha notizia sin dal 1422. La chiesa antica sicuramente era diversa dall’attuale; più piccola con un portico, colonnato, tipico delle antiche chiese cristiane. Nel 1595 subì profonde trasformazioni con ampliamenti ed una completa ristrutturazione. La chiesa con navata centrale e le cappelle laterali è sempre stata una chiesa tumulante. In essa vi erano, distinte, le sepolture di donne, bambini e uomini. La zona presbiteriale, invece era riservata ai consiglieri comunali. Nell’abside sono visibili due pitture murali, a destra ad affresco un S. Edisto e S. Rocco, dalla parte opposta S. Biagio Vescovo, realizzata a tempera in epoca recente. Sopra l’altare si trova un dipinto ad olio rappresentante la sacra famiglia con S. Giovannino, copia di un dipinto su tavola del celebre pittore Pierin del Vaga (Pietro Bonaccorsi 1500 -1547). Le altre cappelle sono dedicate a S. Anna, al Crocefisso, a S. Carlo Borromeo, alla Madonna Assunta, che secondo i documenti del tempo, il 23 luglio avrebbe mosso miracolosamente gli occhi; poi a S. Giovanni Decollato il cui martirio è rappresentato in una tela molto rimaneggiata. L’ultima cappella è dedicata a S. Rocco.
Chiesa di Santa Maria Hospitalis
Nel Chronicon di Benedetto del Soratte, troviamo citato: “Fundum Pol-lianum cum Ecclesia Sanctae Mariae”. È la prima notizia di questa chiesa che conserva pregevoli opere d’arte, come i rilievi carolingi. Si tratta di plutei, timpani in marmo reimpiegati come coperture d’altare o incastonati nell’architettonica della chiesa, quando il tempio subì una completa ristrutturazione. Sono opere di notevole rilievo artistico che denotano la qualità della bottega autrice di queste opere. La datazione di questi rilievi è collocabile tra TVIII e IX sec. L’interno conserva notevoli affreschi come una splendida Madonna in trono avvicinata spesso alla scuola di Piero della Francesca, e bellissime decorazioni a grottesca ed ancora leggibile, una Assunzione nell’abside. La chiesa fu consacrata nel 1540 il 4 maggio. Unito alla chiesa sorgeva, come si vede dai caseggiati, “un ospedale” adibito a ricovero per pellegrini e malati che più tardi nel 1800 fu trasferito in paese. Sulla facciata si può notare una iscrizione sepolcrale latina appartenente sicuramente ad una villa romana che sorgeva nella zona.
Eremo di Santa Maria delle Grazie
L’attuale Convento di Santa Maria delle Grazie in un certo qual modo continua il messaggio di tante esperienze spirituali passate in questo monte e sta sempre più strutturandosi come casa spirituale. Il convento nacque proprio su una prima cappella dedicata alla Beata Vergine, la cui immagine dipinta sul muro era particolarmente venerata nel secolo XVI; Nel santuario che si andava così formando si alternarono eremiti e sacerdoti di vari ordini religiosi: Camaldolesi – Francescani – Cister-censi. Furono proprio questi ultimi ad ingrandire l’eremo nel 1628 che divenne così monastero. La costruzione portò anche alla erezione di una Chiesa più grande, dato che la primitiva cappella non poteva più soddisfare le esigenze della comunità. Perciò la venerata immagine della Vergine con Bambino fu “trasportata” nel 1721 dalla primitiva chiesa dai Cistercensi, nel nuovo tempio. L’affresco forse opera di Antoniozzo Romano, restaurato di recente, è stato di nuovo spostato nel 1978, quando la Chiesa subì un profondo restaurò. Nell’interno, ai due lati dell’abside campeggiano due tele raffiguranti S. Nonnoso e San Gregorio Magno. Da ricordare il curioso cippo-tomba, posto all’uscita e dedicato ad un monaco Cistercense; il ven. Servo di Dio Giovanni Battista. Uscendo dalla Chiesa si incontra nel porticato una statua lignea di S. Silvestro trasportatavi dalla omonima Chiesa nel 1856.La primitiva cappella a cui si è accennato si trova all’interno del convento e vi si possono scorgere rimanenti tracce di affreschi e la zona da cui fu “strappata” l’immagine della Vergine. La festa della Madonna delle Grazie si celebra ogni anno, come stabilito con decreto dell’11 luglio 1827, nella seconda Domenica dopo Pasqua.
Eremo di San Silvestro (Abbazia)
La Chiesa di S. Silvestro è eretta sulla cima più alta del monte, là dove al tempo degli antichi romani era il tempio di Apollo. Distrutta la primitiva Chiesa dalle incursioni barbariche, fu restaurata nel 747 da Carlomanno. Dopo un periodo di splendore, di nuovo l’abbandono e sin da allora continui rifacimenti. Al tempo carolingio appartengono i frammenti architettonici specialmente quelli posti nella cripta, asportati furtivamente di recente, che riutilizzati provengono dalla decorazione più antica dell’Edifìcio. Si tratta di capitelli, pilastri, plutei databili quasi per la maggior parte all’epoca di Adriano I 772-795 o all’epoca di Leone III 795-816. Anche questi rilievi stanno a testimoniare la presenza culturale dei Franchi e il carattere imperiale dell’Abbazia di S. Silvestro. Presenti altri frammenti di epoca romana appartenenti a precedenti costruzioni. All’esterno non si scorgono quasi più le tracce del complesso monastico che vide il fiorire del monachesimo.» La Chiesa appare all’esterno a blocchi irregolari di pietra calcare. Nella fronte si ha traccia del nartece ad un sola arcata a pieno centro con tracce di affresco presso la porta di entrata. L’interno ha tre navate sormontate da volte a botte e diviso da pilastri in muratura, su cui poggiano le arcate. Due brevi scalette conducono al presbiterio nel cui centro è collocato l’altare maggiore, dietro il quale si incurva l’abside circolare. Il famoso altare che domina la scena è forse stato così ricomposto utilizzando i frammenti di una schola cantorum che testimoniano la presenza di un ricco arredamento liturgico, uno dei più pregevoli lavori decorativi della scultura di quel tempo. Sotto il presbiterio si stende una piccola cripta, l’altare della quale, più volte violato, nascondeva il sepolcro (un anfora romana) del Beato Paolo Giustiniani. Grande rilievo ed importanza di questo complesso sono gli affreschi che sicuramente non appartengono ad una sola epoca e che nella loro disposizione non seguono alcuno schema. In alcuni punti è evidente la sovrapposizione di diversi strati. Ci troviamo chiaramente di fronte ad un genere di decorazioni di carattere votivo curato da singoli fedeli o da gruppi. Gli affreschi sono riconducibili dal duecento al quattrocento, cioè nel periodo di una ripresa della presenza monastica. Notevoli sono quelli rappresentanti, nella parte destra, la vita di S. Barbara, che un ignoto, forse gravitante nell’orbita della scuola pittorica della Toscana Meridionale, dipinse agli inizi del 1400. Sono 6 scene disposte in due ordini di quadri interessanti soprattutto per i costumi e la fresca spontaneità delle composizioni. Troviamo poi nei pilastri di destra e di sinistra raffigurazioni di Santi e di Madonne. Interessante per la rappresentazione è nell’ultimo pilastro di destra, verso il presbiterio, il dipinto quattrocentesco raffigurante S. Bartolomeo che porta sulle spalle la pelle, simbolo del suo martirio. Vicino alla porta d’ingresso è da notare a sinistra un S. Francesco, emerso nell’ultimo restauro. Nella zona absidale, un leggibile S. Sebastiano e S. Rocco di forme trecentesche. Interessante anche il Cristo a mezzo busto sul quarto pilastro. Nella cripta troviamo distribuiti in due ambienti alcuni angeli trecenteschi ed un S. Silvestro con il drago, un Salvatore ed un S. Michele che potrebbero attribuirsi al sec. XI. Alcuni degli affreschi conservati in questa interessante Chiesa si possono ricondurre ad una scuola, forse quella romanica del duecento, della quale intorno a Roma si possono riscontrare diverse testimonianze, specialmente nell’alto Lazio.